Teologia per tempi incerti by Brunetto Salvarani

Teologia per tempi incerti by Brunetto Salvarani

autore:Brunetto Salvarani
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-01-24T05:00:00+00:00


I Giobbe egiziani e mesopotamici

A dimostrazione dell’universalità delle questioni affrontate nel libro di Giobbe, da tempo gli studiosi hanno messo in luce molteplici suoi paralleli con alcune opere sapienziali attestate nell’antico Egitto e in Mesopotamia già fra il III e il II millennio a.C. In particolare, esse si soffermano sulla sofferenza e sulle sue motivazioni: perché l’avversità si accanisce contro di me? Perché la sventura colpisce anche gli uomini giusti, mentre non di rado i malvagi prosperano e sono felici? A partire dal Dialogo di un disperato con la sua anima, datato in genere intorno al 2200 a.C., in cui l’io interiore di un uomo si vede tentato dalla prospettiva di un suicidio. A fronte di una società incapace di soddisfare gli ideali da lui sognati, cosa che gli provoca un vistoso senso di solitudine, la morte volontaria gli sembra in un primo momento l’unica soluzione sensata (cfr. Gb 3): poi, però, prevale in lui l’ipotesi di una vita di piacere e priva di affanni, in cui si goda di quanto è possibile godere, dato che nell’aldilà domina il dolore e l’evanescenza del corpo. Anche qui, come in Giobbe, compare un dialogo, con un amico portato a consolare il protagonista, e la noia dell’esistenza messa in crisi da numerosi fattori: nel testo biblico, peraltro, giova tenerlo a mente, il Nostro non pensa mai alla soluzione suicidaria. Celebre è la strofa: «La morte è davanti a me oggi come la guarigione di un malato, come la liberazione dopo una prigione. La morte è davanti a me oggi come il profumo della mirra, come il piacere di sdraiarsi sotto un parasole in un giorno di brezza» (II,131-133).

Nella Protesta di un contadino loquace, opera egiziana del 2000 a.C., l’uomo reclama giustizia dal suo padrone, palesemente ingiusto, fino a rischiare la vita: grazie all’intercessione del dio Anubis, alla fine, le cose si risolvono per il meglio. Non sono pochi i paralleli con la vicenda dell’uomo di Us, anche sul piano strutturale (c’è una cornice fatta di un prologo e un epilogo, che inquadra nove appelli in prosa ritmata), ma nella storia ebraica sono in gioco la giustizia di Dio e le sue contraddizioni, mentre qui si tratta della giustizia umana.

Nella letteratura mesopotamica compaiono almeno tre testi che suggeriscono una prossimità con Giobbe: il Ludlul bel nemeqi (cioè Voglio lodare il Signore della Sapienza), la cosiddetta Teodicea babilonese e la Lamentazione di un uomo al suo dio, una sorta di Giobbe sumerico. Nel primo, un poemetto databile attorno al 1500 a.C., compare un monologo di un alto dignitario ormai caduto in disgrazia, che si lamenta per le sue immeritate sventure e gli incomprensibili progetti degli dèi: fa una serie di sogni, e nel quarto assiste alla promessa del perdono divino e della dignità ritrovata. La morale è che la sofferenza viene inflitta per mettere alla prova la fedeltà.

Il secondo testo, un poema acrostico risalente al 1000 a.C., presenta un dialogo filosofico tra un uomo e un suo amico: i due discutono della reale possibilità di



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